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CASO “BURQA”: LE OPINIONI DI GIANLUCA FORCOLIN

Commenti (1)

  • newspiavetv

    “Il burqa è un capo di abbigliamento delle donne in Afghanistan, da come si evince leggendo in Wikipedia e come tale dovrebbe
    essere. Dovrebbe, in altre parole, essere sopportato solo dove è nato e
    tollerato anche se al giorno d’oggi la donna anche in questi paesi dovrebbe
    essere vista come essere umano e non come una persona (leggendo testualmente il motivo per cui le donne vengono coperte) che può essere vista solo dal padre, dal marito, dal padre del marito e via dicendo.
    Non esiste una cosa del genere, non deve esistere proprio: la libertà
    personale è inviolabile e non dovrebbe essere solo un principio ma la
    realizzazione di tale principio.
    Anche la Corte Europea a Strasburgo dà ragione alla Francia che nel 2011 ha
    vietato il velo integrale nei luoghi pubblici per far sì che siano
    rispettate le condizioni del vivere assieme fra le quali c’è anche la
    libertà di guardarsi in faccia. Lasciando da parte le più importanti leggi
    antiterrorismo che sanciscono l’obbligo giustamente della nostra
    identificazione alla società, il velo rappresenta una sorta di anacronistico
    ricorso alle tecniche di considerazione della donna oggetto del padre prima
    e del marito poi e il fatto che un albergatore di Noventa abbia accettato
    tutto ciò rappresenta una sorta di avvallamento di questo e ciò non va
    assolutamente bene, anzi, da cittadina italiana e da donna mi sento
    profondamente scossa. Mi è dispiaciuto molto anche il commento del Sindaco
    Nardese che ha detto che ogni commerciante ha la discrezione di lavorare
    come vuole e crede e mi è dispiaciuto perchè il Sindaco lavora nel Distretto
    di San Donà presso il Consultorio familiare laddove molti conflitti sono
    all’ordine del giorno e dove lo stalking purtroppo è stato visto come il
    modo con cui l’ex marito, compagno, ha stremato l’ex per la separazione
    avvenuta perchè diciamocela tutta, l’uomo ancora crede che siamo ancora il
    loro oggetto, che gli apparteniamo e tutto ciò, ribadisco, mi fa paura e
    arrabbiare allo stesso tempo. Il fatto del burqa ci sta, in questo contesto,
    e ci si riallaccia benissimo.”
    Michela Poli

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